di EUGENIO ZIPPILLI, TREMONA*
Da anni ormai il dumping salariale è entrato nel dibattito politico. Un dibattito che si riaccende ogni qualvolta viene segnalato un caso eclatante. Che si tratti di violazioni dei contratti di lavoro in vigore oppure di offerte di lavoro con salari palesemente al di sotto delle necessità di sopravvivenza di chi lavora e vive in Ticino. Questi casi vengono alla ribalta grazie al coraggio di qualche lavoratore che passa la propria busta paga a un sindacalista o perché offerte di lavoro sottopagate vengono pubblicate sui giornali o sul web. In realtà, non esiste un vero e proprio monitoraggio dei livelli salariali e delle condizioni di lavoro. Le commissioni paritetiche si sono rivelate costose e inadeguate, mentre l’ispettorato del lavoro non dispone delle risorse necessarie per effettuare i controlli in modo sistematico e intervenire laddove necessario.
L’iniziativa «Basta con il dumping salariale in Ticino» prevede, appunto, l’obbligo per ogni datore di lavoro di notificare all’ispettorato del lavoro tutti i contratti stipulati in Ticino, come era già prassi consolidata per gli immigrati e i frontalieri prima della ratifica degli accordi bilaterali. Ciò permetterebbe da un lato di avere un quadro reale della situazione, dall’altro di correggere d’ufficio, come accadeva un tempo, i salari che si discostano da quelli d’uso per una determinata professione. Il controprogetto, invece, non va preso in considerazione poiché annacqua abbondantemente i contenuti dell’iniziativa dando modo alle solite forze politiche di continuare a far finta di «cambiare perché tutto resti come prima». Ottime ragioni, dunque, per votare sì all’iniziativa e no al controprogetto.
*Contributo pubblicato il 9 settembre 2016 sul Corriere del Ticino
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