Il salario non è soltanto un costo di produzione per le imprese, ma è anche un reddito che permette alle persone di acquistare beni e servizi prodotti da queste imprese, assicurando così la perennità del sistema economico senza che lo Stato debba intervenire per aiutare le aziende o le persone in difficoltà. Nel recente passato è capitato spesso (si pensi per esempio al dibattito sulle conclusioni dello studio dell’Istituto di ricerche economiche dell’Università della Svizzera italiana sull’effetto di sostituzione nel mercato del lavoro ticinese) che delle importanti discussioni di carattere economico e politico non potessero poggiare su una raccolta di dati rilevanti e significativi.
Molto spesso la discussione, invece di concentrarsi sul tema in oggetto, è stata incentrata sulle questioni di carattere metodologico, sulla valutazione dell’attendibilità dei dati alla base del dibattito e sull’impossibilità di opinioni definitive in mancanza di dati incontestabili.
Sappiamo che i livelli salariali, la loro evoluzione e in particolare il fenomeno del dumping salariale in questi ultimi anni sono stati spesso oggetto di discussioni che, a volte, si sono concentrate proprio sulla questione dell’attendibilità dei dati a partire dai quali elaborare analisi, approfondimenti, proposte. È significativo, in questo ambito, lo scetticismo con il quale sono generalmente accolte le valutazioni della Segreteria di Stato dell’economia nell’ambito del suo Osservatorio sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’Unione europea.
L’iniziativa popolare “Basta con il dumping salariale in Ticino”, in votazione il prossimo 25 settembre, propone, tra le altre cose, l’obbligo di notificare all’Ispettorato del lavoro ogni contratto stipulato nel territorio cantonale, precisando qualifiche, salari, orari di lavoro, e altri dati importanti. Sulla base di queste notifiche l’Ispettorato del lavoro elaborerà delle statistiche sui salari, che verranno messe a disposizione di tutte le parti in causa e di chi il mercato del lavoro lo studia. Il controprogetto, presentato da Governo e Parlamento, ignora totalmente questa proposta.

In quanto economisti e ricercatori non possiamo che salutare con grande interesse questa proposta. Se realizzata, essa permetterebbe di mettere a disposizione una quantità importante e inoppugnabile di dati, a partire dai quali realizzare delle analisi sul mercato del lavoro e, in particolare, sulla questione salariale, a vantaggio di tutto il sistema economico. Dei livelli salariali corretti, infatti, permettono alle persone di consumare senza dover preoccuparsi di risparmiare più del necessario, sostengono le vendite e dunque gli utili delle imprese che si interessano del territorio dove sono insediate, e contribuiscono alla sostenibilità delle finanze pubbliche in quanto consentono allo Stato di aumentare le risorse fiscali e di ridurre la propria spesa per aiutare chi non ha un reddito sufficiente.

L’obbligo di trasmettere all’Ispettorato del lavoro i dati essenziali di ogni contratto stipulato nel territorio cantonale è un elemento fondamentale e decisivo per poter avviare una discussione fondata sulle misure da adottare per combattere eventuali fenomeni negativi per il territorio come il dumping salariale.
Per questa ragione invitiamo a votare SI all’iniziativa popolare “Basta con il dumping salariale in Ticino” e NO al controprogetto.

Sergio Rossi, Christian Marazzi, Spartaco Greppi, Silvano Toppi, Gianfranco Domenighetti, Elio Venturelli, Ronny Bianchi, Paolo Galbiati, Luca Berla, Alberto Azzi, Fabiano Cavadini, Antonio Mottini, Fabio Rossera, Martino Rossi, Marzia Caratti-Beltraminelli, Michele Egloff, Antoine Casabianca, Giorgio Sailer, Giacomo Zanini

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