di CLAUDIA LEU, RIVERA*

Il dibattito sull’iniziativa «Basta con il dumping salariale in Ticino» pare sia un dibattito che riguardi unicamente le disparità salariali tra lavoratori residenti e lavoratori frontalieri e la conseguente corsa al ribasso per entrambe le categorie. Oggi è evidente che quella che ci hanno fatto votare come libera circolazione in realtà era solo un’ulteriore liberalizzazione di un mercato di lavoro che già prima non offriva grandi garanzie alle salariate e ai salariati di questo cantone. È dunque evidente come sia necessario l’obbligo di notifica dei contratti, il loro controllo sistematico e l’istituzione di una vera statistica sui salari per verificare l’esistenza del dumping, la sua portata e capire i provvedimenti da prendere per invertire questa pericolosa tendenza.

Vorrei però focalizzare l’attenzione su un altro tema, che forse emerge meno dal dibattito, ma non per questo merita meno attenzione: la disparità salariale tra uomo e donna. Anche in questo campo avremmo bisogno di una raccolta sistematica dei dati per capire la portata del fenomeno in modo più preciso, ma non solo. L’Ufficio del lavoro, grazie all’obbligo di notifica, potrebbe rilevare immediatamente le disparità di trattamento in base ai salari d’uso e porvi rimedio, come prevede la Legge federale sulla parità dei sessi (LPar).

Allo stesso lavoro, dovrebbe corrispondere sempre lo stesso livello salariale. Non solo per combattere il dumping dovuto alla concorrenza tra lavoratori residenti e frontalieri, ma anche per superare l’arretrato sistema dei due livelli salariali per lo stesso lavoro, per una vera parità tra uomo e donna, è necessario votare sì all’iniziativa e no al controprogetto, che non prevede né l’obbligo di notifica, né l’istituzione di una vera statistica sui salari in Ticino.

*Contributo apparso sul Corriere del Ticino del 21 settembre 2016

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