Di Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria all’Università di Friburgo*
L’iniziativa ‘Basta con il dumping salariale in Ticino!’ ha due meriti evi denti rispetto alla situazione attuale, su cui in realtà il disegno di legge nel controprogetto non può esercitare alcuna influenza, perché la sorveglianza del mercato del lavoro ticinese non si rafforza con il solo potenziamento (su richiesta delle Commissioni paritetiche) degli ispettori delle autorità di controllo su questo mercato.
Il primo merito evidente dell’iniziativa è quello della trasparenza, perché obbliga tutti i datori di lavoro aventi sede o domicilio nel Ticino a notificare all’autorità competente, entro un mese dall’inizio del rapporto di lavoro (entro fine gennaio per i contrat ti già in essere) i dati fondamentali dei contratti di lavoro. Questa informazione è importante e nell’interesse di tutte le parti sociali, oltre che dello Stato e dunque della collettività, in quanto riduce notevolmente il margine di manovra di chi agisce ai limiti della legalità a discapito dell’interesse generale. Le moderne tecnologie di informazione e comunicazione permettono facilmente di limitare i costi per il datore di lavoro, come pure per lo Stato, legati alla raccolta e al trattamento dei dati e alle sanzioni dei casi di mancata notifica da parte dei datori di lavoro. Anche nel caso assolutamente ipotetico in cui questi costi fossero rilevanti per l’impresa o lo Stato, si deve considerare che i benefici ottenuti a seguito dell’attuazione di questa iniziativa, per l’insieme dei portatori di interesse, saranno notevolmente superiori a questi costi. In particolare, i salari delle persone che lavorano nel Ticino non saranno più sottoposti a una forte pressione verso il basso. I consumi delle famiglie residenti nel Ticino saranno quindi sostenuti da livelli salariali più elevati, inducendo degli effetti positivi anche sulle vendite e sugli utili delle imprese orientate al mercato domestico. Le banche insediate nel territorio ticinese potranno allora ampliare i loro volumi di attività sia nel campo dei crediti commerciali sia nella gestione patrimoniale, recuperando su questo terreno ciò che hanno perso (o andrà ulteriormente perso) nei confronti della clientela transfrontaliera a seguito dello scambio automatico di informazioni. In fin dei conti, gli enti pubblici potranno così ridurre i loro disavanzi grazie a maggiori entrate fiscali e a una minore spesa nel campo delle politiche sociali, a seguito del miglioramento durevole della situazione economica della popolazione residente.
Il secondo merito dell’iniziativa consiste nella raccolta di dati importanti per analizzare la situazione nel mercato del lavoro ticinese. Questi dati ora non sono disponibili in maniera completa, lasciando allora il campo agli studi parziali e ai dibattiti sterili nell’arena politica. L’iniziativa offre perciò gli elementi di cui il sistema economico ticinese ha bisogno per rilanciare le proprie attività imprenditoriali a vantaggio pure dello Stato – che non dovrà mettere in atto delle manovre di rientro dai disavanzi pubblici austere e destinate a fallire sul piano economico prima ancora che su quello politico. Nulla di tutto questo sarà invece possibile se il popolo ticinese adotterà il controprogetto, che è destinato a prolungare lo stato di indigenza in cui si trova una parte notevole della popolazione residente. Il popolo ticinese è quindi di fronte a una scelta importante da assumere in modo responsabile anche per le generazioni future e lo sviluppo sostenibile dell’economia cantonale.
* Contributo apparso il 20 settembre 2016 su LaRegione Ticino